Nota del luglio 2016: l'esito della vicenda può essere letto nel seguente articolo

 

Guidare la macchina. Cucinare. Arrampicare sugli alberi a 10 metri d’altezza. Fare ricerca sperimentale. Avere due bimbi e alla sera leggergli una storia. Farsi un selfie. Andare in bicicletta. Fare l’amore. Nuotare 1.5 km il mercoledì, dopo il lavoro. Salire su una giostra. Guardare una puntata di “The Big Bang Theory”. Sono alcune delle normali cose che fanno parte della mia vita, a trentuno anni. Marito. Papà. Scienziato. E disabile, per la mancanza di parte del braccio destro dalla nascita. “Emimela”, il termine medico, anche se sulla mia prima cartella clinica qualcuno scrisse altro per errore e finii ad una visita neuropsichiatrica appena nato. Tutto ok. Quindi niente prese in giro: “I am not crazy, my mother had me tested”, non sono pazzo, mia madre mi ha fatto vedere (copyright Sheldon Cooper – The Big Bang Theory).

 

In realtà, nella lista qui sopra c’è una cosa che ho fatto più volte, ma ora ho smesso. Non per volontà mia, però. Non sono più riuscito a salire su una giostra, l’OrtoBruco di Gardaland. Perché io a Gardaland ci sono sempre andato da bambino con i miei, da grande con gli amici, e sono sempre saluto su tutte le giostre. Quest’anno però, tornato per la prima volta con mia moglie e i miei bimbi di 6 e 3 anni, le cose sono cambiate: io sull’OrtoBruco non sono potuto salire più. O meglio, ci sono salito, ma mi hanno fatto subito accomodare all’uscita prima della partenza della giostra. Non era una questione di età massima. La ragione è presto detta: con una mano sola, non posso reggermi alle protezioni. Già, in effetti, mentre tutti, inclusi i miei bimbi, sono con le mani in aria sulla giostra, questo potrebbe rappresentare un enorme problema. E soprattutto, nell’improbabile ma comunque possibile caso in cui la giostra si fermasse, potrebbero facilmente salvare i miei figli. Ma non me. Queste le ragioni (o scuse, quali a me sembrano) dei responsabili dell’impianto. Ma mi chiedo se forse non ci sia dell’altro.

Quando sono venuto in passato a Gardaland, dai 6 ai 20 anni, ho sempre indossato la protesi, che però ormai, da adulto, non uso quasi mai. Una mia decisione, presa alcuni anni fa, perché mi sembra di fare le cose meglio senza di lei. Questa volta, a Gardaland, mi sono presentato senza protesi, rendendo la mia disabilità più evidente. La cosa buffa è che pensavo fosse meglio, dato che in alcune giostre si legge “Portatori di protesi agli arti. In caso di accessibilità, le protesi non devono essere di impedimento alle procedure di evacuazione e alle disposizioni di sicurezza di ogni singola attrazione”. Quindi immagino: no protesi, no problem.

Mi sbagliavo. Sull’OrtoBruco come sull’immancabile – fino a quest’anno - Colorado Boat, ho provato a salire, ma mi hanno fatto subito scendere. Se vuole proprio salire, ci vuole la protesi, mi hanno detto. Ce l’ho, ma sono più comodo ed efficiente senza. Ci vuole la protesi. Ma la mia protesi si chiama “estetica” , che vuol dire che è di bellezza, non funzionale: non mi aggrappo a nulla con quella. Fa niente, la prossima volta la deve indossare.

Io la protesi ce l’avevo, nell’auto al parcheggio. Ma non sono andato a prenderla. Non solo perché mio figlio maggiore si è proposto di opporsi con una immaginaria spada laser a chi mi avesse impedito di salire sulla prossima giostra (grazie, Francesco). Ma soprattutto, per principio: perché so io quando le cose le faccio meglio con la protesi, e quando senza. E conosco i miei limiti. Che sicuramente sono aldilà di quelli di mio figlio di 3 anni, salito regolarmente sull’OrtoBruco. Se può fare lui una cosa, la posso fare anche io.

Da qui la domanda: alla fine, siamo tornati al punto di partenza, a nascondere la disabilità, perché almeno tutti si fanno meno domande? Davvero potevo salire con una protesi estetica, che mi fa sembrare più “normale”?

Non sono sciocco. Capisco perfettamente che ci siano standard di sicurezza da rispettare, che le norme possano anche diventare più restrittive, e che sia difficile predire tutte le casistiche di potenziale pericolo. Ma non riconoscere che il mondo della disabilità sia molto eterogeneo, e quindi negare a l’accesso perfino a giostre adatte a bambini di 3 anni, è un’assurdità. Tanto più se si decide di usare un criterio discutibile, cioè quello di indossare una protesi estetica, e non funzionale, come nel mio caso.

Basterebbe poco: un breve incontro all’ingresso del parco, in cui si discuta su quello che si può e non si può fare, dove si definiscano i limiti delle responsabilità del parco. In altre parole, se mi faccio male solo io, come conseguenza della mia disabilità e non di un malfunzionamento dell’attrazione, riconosco che la responsabilità è mia. Troppo difficile? Si chiama corresponsabilità. E funziona bene, in ogni rapporto.

Dai Gardaland, che con un po’di buona volontà sull’OrtoBruco, l’anno prossimo, a trentadue anni, ci salgo pure io!

Carlo

P.S. Leggi la sua avventura anche sul sito http://italians.corriere.it/2014/10/02/sullortobruco-no/